Quando gli impegni ed il lavoro me lo consentono, sono solito rivolgere lo sguardo al cielo e, nel tentativo di dare una dimensione all’infinito, disegno con l’immaginazione un filo impalpabile, lungo il quale sogno di volare. Qualche tempo fa, dopo il consueto svolazzare verso lo spazio, ho avuto la sensazione di non riuscire a tornare nella dimensione reale e solo con fatica mi è stato possibile invertire il percorso ,ritrovandomi in un letto circondato dalla premura degli amici. La situazione, mi ha inevitabilmente indotto a riflettere. In fondo, la nostra vita è sommersa da parole, significati, forse parti legate tra loro da un filo sottilissimo ma indistruttibile, da un’eterna attrazione tra il Se, il Come, il Perché . Forse è il filo del nulla, forse è il filo dell’assurda trama dell’esistenza. C’è un disegno intessuto nel cielo; un brulichio di suoni che si muovono nell’aria, un velluto colorato che trattiene tutti i fili del passato e del futuro. Qualcuno ha affermato che nel rapporto fra noi e il Divino, noi siamo i fili e Lui è l’elettricità. Che l’elettricità facesse intimamente parte della vita di tutte le creature lo capì la Grecia antica, infatti, nel 600 avanti Cristo, Talete aveva già descritto l’elettricità.

Ma gli occhi dell’uomo, dall’era primordiale, avevano visto costantemente esplosioni di elettricità nel cielo: il fulmine, una forza misteriosa e affascinante, una frazione di secondo che scatena una potenza elettrica immensa e spaventosa; più energia di quella che oggi producono le centrali elettriche di tutt’Europa messe insieme. Eppure, alla luce elettrica, siamo ormai così abituati che a volte sfugge o si dimentica quale predominanza abbia il valore della luce in ogni momento della vita quotidiana. La luce ci dice innanzitutto che le cose esistono e l’avvento della luce elettrica ha cambiato radicalmente la relazione tra l’uomo e l’universo circostante. Se immaginiamo le notti della Storia, prima che l’elettricità facesse parte del comune vivere, vediamo un mondo diverso e sconosciuto. La vita notturna era monocolore e scura; i volti quasi ombre; le strade, spazi ignoti. La luce, poi, con la sua natura impalpabile e incorporea è come se ci chiedesse conto dei valori più assoluti; ovvero, quanto peso e quanto senso hanno nella vita di ciascuno le cose immateriali come gli affetti, le emozioni i desideri. La luce, tuttavia, pone oggi anche la questione delicata e controversa delle fonti che la generano. Forse, siamo arrivati al punto di non dover produrre quantità abnormi di energia, ma solo usarla meglio. Fare luce anche con sapienza estetica, non distruggendo quel buio che appartiene al sogno e che ci serve a poter guardare in alto e, in una notte d’estate, “uscire a riveder le stelle” esclamando: io ci sono e Dio?

Ettore del Giudice