In questo secolo la caduta dei totalitarismi, unitamente alla rottura di ogni frontiera, hanno segnato l’avvio di una nuova fase che ha cambiato il corso della storia, accelerato la crescita delle nuove tecnologie e, con internet, aperto una speranza di democrazia all’interno del mondo Arabo.

Nel frattempo, purtroppo, con la globalizzazione dei mercati – accompagnata da un liberismo senza regole – è crollato “l’edificio” della finanza globale e tutti abbiamo potuto costatarne drammaticamente la fragilità e l’inconsistenza.

Mercato e globalizzazione continuano a essere ancora oggi al centro di quel grande disegno egemonico, nato nel cuore dei centri del potere capitalistico che ha, in larga parte, cancellato cinicamente diritti, tutele, valori.

Il capitalismo, senza un’idea di progetto riformatore, peggio che negli anni trenta – quando economia reale e finanza comunque erano al servizio della produzione – sta distruggendo, è opinione diffusa, il benessere collettivo.

Plutocrazia, tecnocrazia, populismo, autoritarismo, crisi della politica e dei valori, sono divenuti i mali che minacciano le nostre democrazie e che stanno allargando sempre più la forbice delle disuguaglianze, dell’ingiustizia, delle tante povertà.

Nei Paesi del Terzo Mondo, nei Sud del Mondo poi, alla miseria, alla disperazione, alle nuove povertà cha avanzano, non c’è più nemmeno un minimo d’attenzione.

In questo quadro, spetterebbe al mondo dell’Associazionismo, e in particolare al Lions fare la propria parte con rinnovato impegno dando ancor più corpo e sostanza alla strategia – scaturita dall’accordo intervenuto nel 2007 tra Lions e ONU – secondo la quale “l’escluso” non dovrà più essere considerato un diseredato da aiutare ma un nostro partner con il quale realizzare un Progetto comune per renderlo autonomo, protagonista della sua crescita.

In poche parole: nessuna assistenza, ma favorire lo sviluppo dei popoli.

Per restare al nostro Sud, esattamente ciò che è stato il filo conduttore della proposta del nostro Governatore Gianfranco Sava: concorrere a favorire lo sviluppo autopropulsivo del Mezzogiorno.

Impegno si è visto, oggi ancora più arduo in considerazione della diminuzione dei flussi finanziari disponibili!

La domanda a questo punto, nella situazione difficile appena accennata, è d’obbligo: è oggi il lionismo europeo, e in particolare quello italiano, attrezzato per assolvere un impegno così straordinario e perciò gravoso?

La risposta, a mio avviso, almeno in Italia, è negativa.

Le ragioni che inducono a tale convincimento, peraltro analizzate con studi specifici, sono diverse e sarebbe sterile sottolinearle ancora.

Continua a esserci a livello orizzontale scarsa capacità d’analisi, poco confronto sulle idee e il dibattito langue.

In sostanza, vive ancora un “centralismo democratico”, formale, velato di apparente “democrazia”, che soffoca ogni possibilità di crescita culturale e di sviluppo.

E allora che fare? Lasciare perdere? Certamente NO.

Dobbiamo innanzitutto essere consapevoli che, in un mondo che cambia repentinamente, le organizzazioni che non si adeguano, non crescono, sono rapidamente superate dagli eventi, spazzate via. E vado alla sostanza.

La candidatura alla Direzione Internazione deve perciò essere intesa come un’occasione straordinaria da cogliere per porre queste problematiche all’interno del Board. Dico ciò perché penso che il massimo Organismo internazionale, ancorché debba orientare i flussi finanziari ed economici, abbia anche il dovere di favorire il processo di modernizzazione dell’Associazione nei Paesi dove maggiormente è in crisi.

E se poi, a porre questa problematica fosse proprio un Direttore di uno dei Sud del mondo, del Mezzogiorno d’Italia, sarebbe veramente una svolta storica!

Per queste ragioni dunque le candidature andrebbero, almeno in questi ultimi giorni, riempite di contenuti inquadrate all’interno di un progetto più ampio, finalizzato a introdurre un’idea progettuale di sviluppo ma anche ad affermare nell’Associazione modernità e qualità.

I candidati dovrebbero partire dalla consapevolezza che se non si cambia “la macchina” ogni proposito, per quanto nobile, finirà per rimanere lettera morta, a danno della qualità delle scelte!

Allargare il raggio d’azione non è facile, mi rendo conto, ma si deve.

I candidati, senza una parola “chiara” su questa questione – che non riguarda solo l’Italia – commetterebbero lo stesso errore di coloro che hanno diretto l’Associazione Internazionale a livelli altissimi i quali, pure avendo avuto la straordinaria intuizione di traghettare il lions verso la linea dello sviluppo dei popoli, non hanno poi avuto la forza di dare gambe all’idea progettuale. Le ragioni?

Non avere, appunto, compreso appieno che quell’indicazione richiedeva l’avvio di un processo culturale di medio/lungo periodo, al centro del quale collocare il cambiamento operativo dei Multidistretti e, contestualmente, la scelta di una nuova classe dirigente orientata alla qualità.

Nei programmi dei candidati mi piacerebbe vedere sviluppate queste idee.

Va in questa direzione la proposta che la Commissione Affari Interni presenterà al Congresso ad Avellino.

L’auspicio, dunque, è che quest’appuntamento congressuale non sia l’ennesima occasione perduta.

Beniamino Morrone